Overtourism ad Assisi

Un centro storico quello di Assisi che, come altre zone del Comune, è patrimonio dell’umanità e che è visitato ogni anno da centinaia di migliaia di visitatori, ma con luci e ombre. Il turismo si concentra solo in poche zone ed è una grande risorsa, ma anche un grosso limite, perché lo spopolamento dell’acropoli fa sì che le case vengano ereditate da persone che vivono fuori centro o fuori comune e che magari preferiscono farne un b&b o addirittura venderle.

La situazione a livello nazionale

A livello nazionale negli ultimi 10 anni, la densità commerciale è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti, un calo di quasi il 20%. Come anche ad Assisi, aumentano le aperture di ristoranti e alberghi, ma nel frattempo sono spariti 99mila negozi al dettaglio e 16mila imprese di commercio ambulante, come certifica un’analisi dell’Ufficio studi Confcommercio sulla demografia d’impresa nelle città italiane, in collaborazione con il Centro studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne.

All’interno dei centri storici, aumentano farmacie (+12,6%), computer e telefonia (+10,8%), attività di alloggio (+43,3%) e ristorazione (+4%), a scapito dei negozi di beni tradizionali: tra quelli che spariscono, negozi libri e giocattoli (-31,5%), mobili e ferramenta (-30,5%) e abbigliamento (-21,8%), ma anche carburanti (-38,5%).

Il trend del centro storico di Assisi, tra overtourism e scarsa residenzialità

Un trend che vale anche per Assisi centro storico. Molti palazzi e case sono sfitti – quando non del tutto abbandonati – e nel frattempo si impoverisce anche il tessuto produttivo cittadino: i negozi dedicati ai turisti sono decine, ma di abbigliamento ce ne sono pochissimi, è sparita la ferramenta e il negozio di giocattoli, e anche i negozi di alimentari sono quasi più pensati per le necessità del turista che non per chi vive nelle case del centro. Tuttoggi.info ha intervistato Daniele Varani dell’agenzia immobiliare ADV Immobiliareper una panoramica su luci e ombre del centro storico di Assisi.

Partendo dalle attività commerciali, le zone maggiormente di pregio sono «tutta la zona di San Francesco, Corso Mazzini, via Portica e via San Rufino», in quest’ultimo caso solo la via e la piazza antistante la Cattedrale, «perché già per esempio Santa Rosa e la vicina piazza Matteotti sono percepite come zona di passaggio o poco frequentate, discorso che vale anche per quella dell’Anfiteatro».

E infatti qui sono diverse le attività chiuse da anni, sfitte o in vendita, si veda il caso di via del Turrione dove – dopo la chiusura della ferramenta – la via è rimasta sguarnita da negozi, mentre nella vicina Santa Rosa da anni è disponibile un locale commerciale anche con cucina, ma senza al momento alcun riscontro in termini di affitto o vendita. Analogo discorso per Fontebella e via Cristofani, che nonostante l’attrattore della tomba del Beato Carlo Acutis e della porta di Francesco, vengono ancora percepite solo come zone di passaggio.


Continuiamo a segnalare fenomeni di overtourism molto oltre Venezia e le altre città d’arte e le località turistiche che in questi decenni ne hanno infaustamente assunto il modello di sviluppo. Non è difficile, ancora oggi, sentire amministratori locali parlare di “modello Rimini” o “modello Miami” anche per piccoli Comuni a vocazione balneare, mentre nell’entroterra altrettanto spesso si sente parlare di “modello Chianti” anche senza averne i requisiti minimi. Che spesso sono culturali, oltre che vocazionali: è necessario pianificare, sulla base di solide basi di dati, prevedendo la capacità di carico dei luoghi e l’impronta ecologica dell’economia turistica.

Per questo SIMTUR ha dedicato una approfondita sezione del sito alle politiche di destinazione, alla sostenibilità del turismo ed a modelli come piccole patrie e rurability: non esitare ad entrare in contatto per maggiori informazioni.

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