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Cambiano i paradigmi del valore: cambiano gli scenari del lavoro

Negli ultimi due decenni sono avvenuti numerosi cambiamenti di scenario e di orizzonte che hanno modificato il livello e il campo di applicazione delle competenze richieste per eseguire in modo appropriato le funzioni attese da ciascuna professione: è cambiata la domanda di servizi alla persona, in relazione a nuovi e più evoluti fabbisogni di cittadinanza; si è affermata una nuova economia della cultura; i cambiamenti climatici hanno sospinto l’urgenza di assumere nuovi paradigmi nella transizione energetica, ecologica e digitale; l’innovazione sospinta dalle nuove tecnologie e dalla rete ha accelerato l’affermarsi di nuovi stili di vita, di distribuzione, di trasporto e di consumo.

Sono così mutati anche i livelli di competenza richiesti alle professioni, definiti operativamente in considerazione della natura e del valore che caratterizza la professione, modificando il livello di istruzione formale e l’ammontare di formazione o di esperienza richieste per rispondere in modo adeguato alle nuove attese. Il capitale umano è sottoposto a un’intensa pressione in tutto il mondo poiché forze potenti – globalizzazione, cambiamenti demografici, digitalizzazione, urbanizzazione e nuove forme di occupazione, virtuali e informali – continuano ad acquistare slancio e accelerazione. Queste forze stanno cambiando come, dove e quando le persone lavorano, ma le nostre società continuano a basare lo sviluppo delle competenze su un modello di metà del XX secolo – istruzione standardizzata e un lavoro per la vita – mentre i continui cambiamenti tecnologici e le trasformazioni del mercato richiedono un pensiero flessibile, apprendimento rapido e continuo e mobilità. Se il Novecento è stato il secolo della standardizzazione di massa, il XXI secolo dovrà abbracciare l’unicità di massa, ovvero riconoscere la centralità delle persone.

Il capitale umano non è una merce omogenea

Comprende i baby boomer nati all’alba dell’era spaziale; la Generation X che ha cavalcato l’onda del personal computer; i millennials cresciuti con i telefoni cellulari; la Generation Z, nativa digitale. Ciascuno di questi gruppi ha interessi, valori, conoscenze, abilità, esperienze e ambizioni distintivi. E per partecipare alla società e all’economia, hanno bisogno di formazione, lavoro, percorsi di carriera, nuovi modi di sviluppare la propria vita professionale.

In un mondo sempre più complesso, non è facile sbloccare il pieno potenziale di ogni persona. Il problema è, in parte, il risultato di comunicazioni inefficaci – o inesistenti – tra settore privato e autorità educative: ci sono enormi divari tra gli obiettivi dei sistemi educativi e le esigenze delle imprese. A meno che non prestino attenzione alle intuizioni del settore privato, i sistemi di istruzione e sviluppo delle competenze continueranno a preparare le persone le cui competenze saranno obsolete o in eccesso di offerta al momento del diploma, ampliando la “trappola delle qualifiche“. I datori di lavoro faranno fatica ad assumere il talento di cui hanno bisogno. Costretti ad assumere persone le cui competenze ed esperienze non soddisfano le esigenze, i datori di lavoro dovranno investire risorse per la riqualificazione. Nel frattempo, coloro le cui competenze non sono richieste accetteranno qualsiasi lavoro semplicemente per guadagnarsi da vivere.
Tale problema è noto come “disallineamento delle competenze“, molto meno ovvio del divario di competenze, perché crea l’illusione dell’occupazione e della stabilità economica e sociale. Tuttavia, il bilancio economico e umano della mancata corrispondenza delle competenze è pesante: nei paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), tale “disallineamento” colpisce due dipendenti su cinque; secondo le stime del Boston Consulting Group, riguarda 1,3 miliardi di persone in tutto il mondo e pesa negativamente del 6% sull’economia globale.

L’economia futura richiede un nuovo approccio

Per realizzare il pieno potenziale del capitale umano nelle professioni è necessario affrontare numerose sfide, che non possiamo più fronteggiare da soli: si rende necessario operare in una logica di rete che riconosca nuovi paradigmi del valore e generi “economia delle relazioni”, attraverso nuove connessioni, nuovi modelli formativi, un costante aggiornamento professionale e la capacità di lavorare in network.

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