realizziamo insieme #futuroprossimo

realizziamo insieme #futuroprossimo

il cambiamento necessario

Nel senso comune, almeno nel nostro Paese, la parola “ambientalismo” tende ormai a collocare le persone e le idee in una nicchia, individuando una minoranza della minoranza, proprio mentre il tema della protezione e tutela dell’ambiente – evidentemente vastissimo – abbia acquisito una necessaria centralità nell’agenda politica e, più ancora, nella generale presa di coscienza della necessità di agire. Con massima priorità.

Il ruolo guida dell’Unione europea con il “Green Deal” e il “Next Generation EU” ha spinto il dibattito pubblico ad acquisire la necessità di decarbonizzare e digitalizzare i modelli di produzione, di consumo e di distribuzione, rendendo chiaro a tutti il messaggio di un cambiamento necessario, non soltanto istituzionale ma negli stili di vita di ciascuno, all’insegna di una sostenibilità che non sia più frontiera ideologica ma azione concreta, feriale, quotidiana e diffusa.

Inutile dire che la pandemia, da questo punto di vista, è stato uno straordinario acceleratore, anche se i più giovani avevano già intuito la traiettoria necessaria, riempiendo le piazze come non accadeva da almeno mezzo secolo, chiedendo energie rinnovabili, impianti fotovoltaici, eolici, di riciclo e di compostaggio, ma anche spingendo per abbattere gli steccati del Novecento in direzione di nuovi modelli di economia, circolare e condivisa. E condannando l’incoerenza di un certo tipo di ambientalismo italiano, sempre contro a priori, nemico dello sviluppo ma pronto a giustificare la necessità di contrarre altro debito (PNRR) sulle spalle delle future generazioni.

Sharing economy

una nuova generazione di ambientalisti

Al netto del dibattito sui vaccini, la fase di emergenza da Covid-19 che si va attraversando ha restituito una nuova generale fiducia per la scienza e, più ancora, un sentimento di umanità che ha restituito valore alle relazioni: un tessuto di relazioni con le persone e con i luoghi, di riconnessioni con la natura e con il tempo.
Ora però si rende oltremodo necessario passare la mano e lasciare che emerga una nuova generazione di ambientalisti: c’è spazio nuovo per un movimento ecologista non ideologico, che si scrolli di dosso l’eredità delle contrapposizioni tra capitalismo e socialismo per esercitare il proprio diritto al futuro attraverso le proprie competenze scientifiche e le proprie esperienze sul campo.

Occorre un deciso cambio di marcia. Per decenni, la prospettiva indicata dagli ecologisti è stata la decrescita: accettare una perdita oggi – e abbandonare le tanto care vecchie abitudini – non per ottenere un guadagno domani ma per evitare il concretizzarsi di una perdita ancora più drammatica. Ovvero il tentativo di convincere le persone ad ammettere che non avrà mai un futuro migliore del presente. Con quale esito? Trasformare l’incertezza in alibi per l’inazione.
Poi, d’improvviso, la Laudato Si’. Con Papa Francesco che illumina tutti: “Qualche volta l’ottimismo ci inganna e ci fa sbagliare. Ma la speranza non sbaglia mai“.
Ecco la chiave: per agire è necessario essere accompagnati dalla speranza.

Speranza nel futuro

la proposta di un futuro migliore

Nel tempo che andiamo attraversando, contraddistinto da grandi incertezze e da paure, ma anche da una forte accelerazione sul fronte dell’innovazione, delle attività digitali e delle energie rinnovabili, l’ambientalismo può legittimamente presentarsi come una speranza e, più ancora, come un atteggiamento concreto e volto al miglioramento: non più l’attitudine di chi teme il futuro ma di chi crede in un futuro molto migliore. Per dirla ancora con le parole del Santo Padre: “Va organizzata la speranza“.

La potenza di questo approccio è evidente. E pienamente in sintonia con il sentimento delle nuove generazioni di “millennials” e “generation z“, che si differenziano dai “boomers” soprattutto per questo: non condannano il profitto, inteso fin troppo spesso come sinonimo di consumo e degradazione ambientale, ma sono pronti a sostenerlo maggiormente quando è sostenibile. Il motivo è ovvio: non è necessario dimostrare ad un giovane che il profitto, la crescita e il benessere ottenuto con attività sostenibili è maggiore di quanto si possa ottenere altrimenti, perché non vivono nel passato – che spesso nemmeno conoscono – ma sono interamente proiettati in un futuro che non si può realizzare a spese del Pianeta.

E’ cambiato il paradigma del valore: produrre crescita riducendo al contempo l’utilizzo di materie prime, il degrado ambientale e le emissioni è possibile.
Per questo le soluzioni si chiamano “smart“, intelligenti: sarebbe semplicemente stupido continuare con le produzioni di massa con emissioni inquinanti e climalteranti, quando si può – con maggiore profitto! – investire nella ricerca, nell’innovazione, nella creatività. nell’economia circolare, nelle fonti energetiche rinnovabili e nei servizi alla persona, in grado di aumentare simultaneamente la qualità della vita e la qualità dell’ambiente.
Come dice sempre il presidente di SIMTUR, Federico Massimo Ceschin, «la transizione è solo il nuovo nome del cambiamento auspicato da decenni, ma perché si compia non è sufficiente che sia ‘giusta’ ma è necessario che diventi ‘conveniente’».

Generazioni future

ricerca e innovazione per una transizione smart

Pochi mesi prima della dichiarazione di pandemia è nata SIMTUR, che ha fondato la propria azione su 3 pilastri: bellezza, lentezza e gentilezza. La bellezza del Creato, delle creature e delle creazioni; la lentezza come paradigma di sviluppo privo di accelerazioni; la gentilezza come virtù quotidiana, in grado di orientare le scelte, i progetti e le azioni sempre considerando le fragilità circostanti.
Da questo semplice quadro di valori è nato il manifesto “smart mobility, smart travel, smart life“: nella certezza che la mobilità sia un fattore evolutivo e nel convincimento che debba sempre essere riconosciuta la centralità della persona, a partire dalla più fragile, il documento dichiara definitivamente fallito il modello di sviluppo che ha accompagnato il Novecento, ma anche un certo ambientalismo – da barricata o da salotto – per abbracciare l’innovazione, la ricerca e la tecnologia, verso innovativi modelli di economia condivisa e circolare.

Su queste basi sono nate le campagne SIMTUR per il Clima, le campagne nazionali e – per i più attivi – le piccole azioni orientate a produrre innovazione sociale e modelli di futuro migliore. Anzi, di #futuroprossimo.

Nuovo ambientalismo

verso #futuroprossimo

Guardando al proprio interno, SIMTUR ha stabilito fin dall’atto costitutivo la assoluta rilevanza dell’intergenerazionalità, intesa come ponte che consente l’incontro fertile tra coloro che hanno maturato esperienze e le nuove generazioni. Anche per questo motivo il consiglio nazionale è composto prevalentemente da donne e da giovani che condividono un quadro di valori fondato su sostenibilità, innovazione, creatività, talento, merito e uguaglianza di opportunità.

Queste le parole chiave che possono consentire l’evoluzione del laboratorio nazionale #futuroprossimo: una palestra di talenti che studia, ricerca, innova, sperimenta, condivide e stimola – con approccio metodologico e scientifico – nuovi paradigmi di sviluppo concretamente sostenibile, finalmente in equilibrio tra società, economia e ambiente.