Siamo indaffarati ad afferrare tutto ciò che ci capita davanti per possederlo. E siamo poco inclini all’arte dell’accarezzare, necessaria per chi vuole portare la Bellezza nel campo minato dell’economia: la Bellezza non si afferra, si accarezza, si gusta, ci si nutre e poi si lascia andare nel dono: economia altamente sovversiva!“. Il documento del direttore nazionale della pastorale del tempo libero e del turismo, don Gionatan De Marco.

Noi, pellegrini di Bellezza

Pellegrini romei

Non ci resta che metterci in cammino: siamo chiamati a diventare pellegrini di Bellezza! Lentamente. Non dimentichiamolo: nemico acerrimo della Bellezza è la pressione temporale della fretta, che ci spinge a far tutto presto infondendo un senso di urgenza a tutte le cose. La Bellezza, per noi, scaturirà dai particolari, che muteranno i nostri punti di vista dai quali osservare la realtà e vedere la Bellezza.

La Bellezza è comunione con la memoria. Una memoria da ascoltare per comprendere che quella pietra è scommessa su di noi.
La Bellezza è comunione con il creato. Un creato da ascoltare per comprendere i progetti dei primordi e i canti di primavere future che ci chiedono di accordare le corde della creazione per non sciuparla, ma per custodirla nella sua armonia.
La Bellezza è comunione di progetti, chiamata a far diventare anche noi pietre che camminano,
tasselli unici e insostituibili del grande mosaico della storia buona dell’umanità impegnata a
edificare città della gioia.
La Bellezza è comunione di attese, è urgenza a far nostre le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi per mutare ogni lacrima in canto di pace.

Economia conviviale della Bellezza

Teologia della bellezza

È con questo bagaglio che riprendiamo il cammino lento del divenire un capolavoro, custodendo tutto il Bello che abbiamo ereditato e generando possibilità nuove di valorizzazione dell’enorme eredità culturale che abbiamo ricevuto, non cercando il profitto, consapevoli del fatto che il profitto più lo cerchi, meno lo trovi. Il profitto è importante, ma sarà un risultato, un indicatore di salute e di buon funzionamento del nostro processo generativo di buone prassi di valorizzazione, non un fine. E questo sarà possibile quando si attiveranno prassi di economia dove non si pensa solo a sé, ma si pensa anche agli altri, a tutti i soggetti con i quali si interagisce.

L’economia sovversiva della Bellezza è intrinsecamente etica, non per i vantaggi di immagine che questo atteggiarsi porta con sé, ma perché l’agire per il bene comune fa parte dei suoi valori.
L’economia sovversiva della bellezza non rinuncia certo alla produzione di valore, ma lo fa attraverso il processo senza fare dell’obiettivo un’ossessione, diventando un’economia armonica, che si muove in armonia nelle relazioni interne ed esterne che ne originano i risultati. I caratteri di questa economia sovversiva possono essere espressi nei seguenti indicatori: è allegra e vivace; vissuta dalle persone senza orologio; esplora le frontiere e detesta i confini; sogna di giorno; esplora e costruisce il futuro ed espelle la paura; accoglie il conflitto come momento di crescita nella diversità di pensiero; apre alla generosità e al dialogo, diffonde la sua azione nella comunità in cui agisce; vede nelle crisi la fonte di opportunità future; condivide i rischi nei momenti di difficoltà; sa ballare con i ritmi del futuro; è semplice e dona fiducia; ha memoria di sé; apprezza l’impegno e non solo il merito; ospita delle persone e non dei clienti o dipendenti; ama la diversità perché crede nella molteplicità; ospita l’artigianalità; produce suoni e non rumori; percorre una strategia di sostenibilità; è sufficientemente pazza per seguire strade che apparentemente non vanno in nessun posto; agisce secondo logica, ma anche secondo buon senso; sa che un pizzico di insensatezza può rivelare il reale; ama pensa che il lavoro è una sfida continua, ma anche un gioco nel quale le persone realizzano la loro vita.

La sfida è quella di fare dell’economia della Bellezza un laboratorio di futuro, liberato dalle grinfie dell’homo oeconomicus, per farlo abbracciare dall’homo donator, che racconta il bisogno di alimentare un’etica dell’empatia che consiste nel fondare la tutela del proprio benessere e della propria felicità su un equilibrio tra interesse per sé e interesse per gli altri.
Solo così saremo capaci di generare capolavori, anche per chi è sfiancato dal vivere sotto il sole dell’agonismo sociale, compiendo nei suoi confronti un gesto asimmetrico e incondizionato di accoglienza e di solidarietà, che scommette sulla generosità di chi riceve il dono. All’ombra di questa scommessa sulla generosità prenderanno vita numerose alleanze e il cliens diventerà socius, che ricambierà la generosità con la più efficace campagna di comunicazione: il racconto della sua esperienza.

L’economia della bellezza è sovversiva

don Gionatan De Marco

Con la nascita dei Parchi Culturali Ecclesiali, la Chiesa va proprio in questa direzione: verso sistemi territoriali che promuovano, recuperino e valorizzino – attraverso una strategia coordinata e integrata – il patrimonio liturgico, storico, artistico, architettonico, museale, ricettivo, ludico di una o più Chiese particolari, offrendo la possibilità di contribuire allo sviluppo economico e sociale sostenibile del territorio attraverso la generazione di un’economia sovversiva della Bellezza.
È importante che pian piano si aprano le porte dei territori per aiutare gli ospiti a trovare una comunità intera pronta a narrare Bellezza e a lasciarsi abitare. In fondo, l’economia sovversiva della Bellezza si gioca proprio lì, nell’investimento dei talenti di ciascuno per la felicità autentica di tutti. Se ci state… mettiamoci in cammino!

don Gionatan De Marco
direttore ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport
Conferenza Episcopale Italiana

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