Arabat

La crisi delle materie prime sta dimostrando che c’è bisogno di intelligenza nell’utilizzo di ciò che si ha. Con questa coscienza, forse, nasce un progetto che molto ha a che fare proprio con questo concetto, perché della materia fa tesoro. Si chiama AraBat, ed è una startup di Foggia che da arance (Ara) e batterie (Bat) si pone l’obiettivo di risolvere il problema dell’approvvigionamento di metalli preziosi.

Economia del riutilizzo, una soluzione diversa

Carbonato di litio, nichel, manganese, cobalto. Forse un giorno anche rame, alluminio, grafite. Sono questi i metalli che verranno reimpiegati nei processi di produzione grazie al lavoro di AraBat. Il meccanismo è un po’ complesso per chi non è del mestiere, ma si basa su una reazione chimica.

Come spiega Raffaele Nacchiero, l’ingegnere gestionale CEO di AraBat a soli 24 anni, a Vita, “Il processo di riciclo delle batterie avviene attraverso gli scarti degli agrumi. Polverizzate le batterie esauste, il trattamento di lisciviazione verde si ottiene attraverso un mix di scarti di agrumi come bucce arance e acido citrico”. Con questo processo la polvere delle batterie esauste viene trattata al fine di estrarre i metalli preziosi presenti.

Ma non si tratta soltanto di un metodo per riutilizzare i metalli che se no sarebbero buttati via. Il progetto foggiano diventa anche un’importante soluzione al problema dello smaltimento dei rifiuti pericolosi. Così quello di Foggia si trasforma in un polo di circolarità e sostenibilità.

Dati alla mano. Come continua a raccontare Nacchiero, il numero di rifiuti di apparecchiature elettrice ed elettroniche (RAEE) «cresce tre volte di più rispetto alla popolazione mondiale». In Puglia nel 2019 ne erano stati prodotti 8 milioni, di cui 2,5 contenenti litio, rischioso per i luoghi di smaltimento in quanto altamente infiammabile. «Soltanto nel 2021 sono state prodotte oltre 150 mila tonnellate di batterie al litio esauste – continua Nacchiero – e attualmente c’è anche il problema dei costi elevati di smaltimento e riciclo, che secondo una stima vanno da 4 euro al chilo per lo smaltimento a 55 euro a KWh/ora per il riciclo. Numeri insostenibili per le filiere attuali».

I talenti che hanno fondato AraBat 

Dietro il progetto AraBat cinque giovani talenti, che hanno deciso e potuto dar vita alla loro idea nello STAR Facility Center dell’università di Foggia. Primo tra tutti il già citato Raffaele Nacchiero, ingegnere gestionale. Insieme a lui due economisti, Vincenzo Scarano (’98) e Giovanni Renna (’88, nato in Germania ma pugliese di seconda generazione), e altri due ingegneri, uno gestionale, Giovanni Miccolis (’98) e uno dei materiali, Leonardo Binetti (’93).

Un gruppo giovane, guidato poi dal biologo Gian Maria Gasperi, che da diverso tempo si occupa di green economy ed è stato in grado di aiutare i ragazzi nel processo di raggiungimento dei loro obiettivi.

«Scelte difficili di vita e di lavoro», quelle fatte da questi ragazzi secondo Nacchiero. D’altronde, Binetti dopo 7 anni fuori dall’Italia (nonostante la ricerca e l’insegnamento in Scozia presso l’Edinburgh Napier University) ha deciso di tornare.

Per fortuna, non è mancato il supporto di istituzioni ed aziende del territorio, che invece hanno voluto premiare questo “ritorno” di cervelli che se no sarebbero stati in fuga. Così il network di AraBat collabora con l’università di Foggia, il politecnico di Bari, la Marchionni SRL e l’associazione NemicoRe.

Arabat - Laboratorio di economia circolare

L’intuizione sul territorio e il futuro della startup

In realtà, l’idea della startup è ispirata a una ricerca che era stata svolta a Singapore, nella Nanyang Technological University. Acido citrico e bucce d’arancia erano stati impiegati per la lisciviazione verde, ovvero «un processo idrometallurgico per riciclare batterie al litio esauste e recuperare i metalli preziosi in un modo più efficiente e sostenibile» continua Nacchiero.

La Puglia, dal suo canto, offre senza dubbio un ambiente favorevole a questo genere di progetti. 2,6 milioni di quintali è il peso annuo degli agrumi prodotti nel Tacco d’Italia, d’altronde. Così gli scarti di una produzione davvero importante come quella agrumicola diventano ulteriormente protagonisti, guadagnando ulteriore valore perché impiegati nel recupero di sostanze preziose.

Per realizzare tutti questi progetti, però, ci vorrà ancora un po’ di tempo. Tra gli obiettivi di AraBat c’è quindi adesso la costruzione di un prototipo, così da sapere per certo quante batterie possono essere smaltite, e quanti materiali preziosi recuperati. «Puntiamo a processare 50 tonnellate di batterie l’anno, per cominciare, ed intendiamo costruire qui in Puglia il nostro impianto industriale per contribuire alla transizione circolare nella nostra regione», continua Nacchiero.

Anche perché «stando alle stime europee, entro il 2030 sulle strade dell’Unione Europea circoleranno almeno 30 milioni di veicoli elettrici a emissioni zero. Per far fronte alla crescente richiesta di litio, cobalto, nichel e manganese, materie prime fondamentali per l’industria degli accumulatori, occorrerà imparare a recuperarne quantità sempre maggiori dalle batterie a fine vita».

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