Latina: le torri, i cavalli e la regina
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8 Aprile 2024
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Una partita a scacchi per lo sviluppo turistico di Latina e dell’Agro pontino
di Daniela Cavallo e Federico Massimo Ceschin
Nel management delle destinazioni turistiche, la prima azione è quella di individuare i punti di forza di un territorio, poi coordinarli, narrarli e infine proporli all’interno di una filiera dell’accoglienza. Nel caso specifico della città di Latina e dell’agro pontino – la città-territorio, dai monti al mare passando per la campagna – i punti di forza sono numerosi, ma non strategicamente connessi, non integratI né complementari agli occhi di un visitatore, anzi per lo più sono invisibili, facendo trascurare il territorio che sta tra un punto noto e l’altro da raggiungere.
Gli elementi di forza più noti sono sicuramente Giardino di Ninfa e Parco del Circeo, dal punto di vista naturalistico, poi gli aggregati storici di Sermoneta e Priverno con l’Abbazia di Fossanova, infine un unicum per l’architettura e l’arte del Novecento: la città di Latina, tutta da scoprire, con il suo essere sistema con le altre città di fondazione.
Molte altre aree archeologiche, tra tutte Satrycum, ancora poco battute dal turismo che non sia determinato da flussi di prossimità o di appassionati e addetti ai lavori, anche perché spesso chiuse ai visitatori: siti poco comunicati, che attraggono settori molto specifici di appassionati di giardini, naturalisti, viaggiatori e architetti, per una fruibilità limitata, bisogna dirlo, determinata anche dalla ridotta capacità ricettiva e da una cultura diffusa dell’accoglienza da rafforzare.
Se il grande pubblico rimane distante, non è necessariamente un male, qualora si decida di iniziare a pianificare strategicamente – come accaduto in occasione della candidatura di Latina a Capitale italiana della cultura 2026 – per prendere atto delle potenzialità e per disegnare traiettorie di welcoming finora rimaste sottotraccia.
Le torri, i cavalli e la regina…
Per iniziare, si potrebbe eleggere un tema che diventi un filo identitario, coerente ed omogeneo – ma soprattutto semplice, suggestivo e interessante – capace di offrire una lettura opportuna del territorio per residenti e visitatori: le Torri.
L’intera provincia di Latina, lungo la costa come nell’entroterra, da Nettuno (ancora Città metropolitana di Roma) fino a Terracina e Sperlonga, trova disseminate nel territorio numerose torri medievali e rinascimentali che – nell’arco della loro storia – hanno spesso rappresentato dei “fari”: luoghi di avvistamento divenuti riferimenti capaci di indicare passaggi sicuri nel vasto territorio paludoso dell’Agro pontino, il vasto territorio a sud del Lazio delimitato ad ovest da una lunga costa sul mare, a nord dai versanti meridionali del vulcano laziale dei Colli Albani, ad est dalla catena dei monti Lepini e dei monti Ausoni. Si pensi alla iconica Torre Astura, ma anche all’antica Torre Gregoriana situata nei pressi di Terracina, per seguire i laghi costieri di Fogliano, dei Monaci e di Caprolace, per giungere alla Torre Paola che apre al Circeo.
Ciascuna di queste torri ha una storia, o più di una, da raccontare: realtà o leggenda poco importa, se il tema narrativo aiuta a condurre fino a Latina – regina del territorio – che da lontano si distingue per le mura di altre torri, come quella dell’acqua zolfa, o la roccia della montagna che tiene la Torre di Monticchio, servita per costruire la città stessa nel 1932, fino alla Torre comunale in piazza del Popolo.
In effetti, non è raro ritrovare nell’architettura del Novecento un forte legame con gli stilemi medioevali: l’arco, il pilastro, il muro e la torre appunto.
A Latina riparte un nuovo filo narrativo, legato agli animali che venivano usati per lavorare la terra, tra tutti il cavallo, simbolo da sempre del lavoro dell’uomo, dell’energia necessaria, ma anche di libertà e forza, come anche della bellezza delle proporzioni anatomiche che da sempre hanno ispirato artisti come Picasso e Duilio Cambellotti. Ed è proprio nel Museo Cambellotti che si trova racchiusa la narrazione pittorica di tutto l’Agro pontino, grazie alla predilezione dell’artista per questo animale che ritroviamo in sculture e opere pittoriche di grandi dimensioni. Una suggestione che può diventare un invito a visitare, in sella ad un cavallo, le campagne fertili che si spingono fino alle dune sabbiose della costa.
Una lettura del territorio che potrebbe vantare almeno un illustre predecessore: Leonardo da Vinci – incaricato della bonifica delle paludi pontine da Papa Leone X – oltre a lasciarci numerosi schizzi a carboncino dedicati ai cavalli, realizzò tra il 1514 e il 1516 una mappa a volo d’uccello dell’Agro pontino, da Torre Astura a Torre Badino fino a Terracina e Fondi: una mappa, oggi conservata nella Royal Library del Castello di Windsor, che da sola può già testimoniare i diversi motivi di attrazione per nuovi visitatori.
Sarebbe sufficiente immaginare di camminare nei luoghi noti a Leonardo, inseguendone le orme, osservando il territorio salendo sulle alture e sulle torri con sguardo lungo e creativo: il medesimo necessario per realizzare un futuro turistico per questo territorio inaspettato e sorprendente.
Ciò che rimane, una volta scoperto, è il desiderio di non finire mai questa partita a scacchi con il paesaggio e la sua storia.
Daniela Cavallo e Federico Massimo Ceschin
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