Plastica monouso

Da oggi, 14 gennaio 2022, entra in vigore anche in Italia – dopo che a livello europeo la direttiva Sup (single use plastic) è attiva dal 3 luglio scorso – la legge che vieta la vendita di prodotti in plastica monouso. Ma, come spesso accade, l’applicazione della norma avviene “all’italiana”, scontentando tutti.

Stop a bastoncini cotonati, posate, piatti, cannucce e agitatori per bevande, palloncini e aste per palloncini, vaschette per il cibo e bicchieri: la direttiva sulla vendita di prodotti in plastica monouso entra in vigore anche in Italia. La Sup (Single Use Plastic) è un passo fondamentale nella transizione ecologica del nostro continente e per il contrasto dell’inquinamento da plastica; i prodotti in materiale plastico monouso, infatti, rappresentano il 70% dei rifiuti di marini e delle spiagge.

Secondo le stime, inoltre, sono oltre 150 milioni di tonnellate di plastiche già accumulate negli oceani e le previsioni raccontano che i flussi di plastica nell’ambiente potrebbero aumentare di tre volte entro il 2040. Se a livello europeo però è dal 3 luglio 2021 che la direttiva è attiva, in Italia abbiamo preso tempo, come spesso accade, perdendo 6 mesi che sarebbero serviti allo smaltimento delle scorte, che anche la direttiva europea prevedeva.
E abbiamo saputo fare anche peggio di così, perché alla deroga temporale i nostri legislatori hanno aggiunto la clausola che toglie dall’elenco dei prodotti vietati quelli in materiale biodegradabile e compostabile, creando molti dubbi e spalancando le porte a potenziali truffe.

Walter Regis, presidente di Assorimap, afferma che “secondo il Regolamento europeo sulla Tassonomia Verde, il riciclo meccanico è considerato il processo più sostenibile per il trattamento delle materie plastiche, poiché per ogni tonnellata di materia plastica riciclata si risparmiano 1,9 tonnellate di petrolio, si riducono le emissioni di CO2 di 1,4 di tonnellate, nonché quantità ingenti di energia elettrica. Le scelte dell’Esecutivo nell’applicazione della Direttiva Sup scontano la mancanza di visione strategica e contraddicono l’indirizzo tracciato dall’Unione Europea, rischiando di esporre l’Italia a richiami o a procedure anche più severe. Non dimentichiamo l’obiettivo al 2030, posto anch’esso dalla Ue, del 55% di riciclo effettivo di rifiuti di imballaggio in plastica. Si tratta di un target sfidante e che difficilmente verrà raggiunto senza il contributo delle imprese del riciclo meccanico delle plastiche e senza misure che favoriscano il comparto delle plastiche riciclate“.

Anche il Cnr nella sua relazione al Senato ha evidenziato il pericolo di imbrogli e di zone d’ombra. Greenpeace, ClienthEarth, Ecos e Rethink Plastic Alliance sono scettiche e avevano già presentato un reclamo ufficiale alle autorità europee per l’interpretazione italiana della direttiva. Per Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia, infatti, “la nuova legge europea rappresenta un’importante vittoria per l’ambiente e un primo passo importante per contrastare l’abuso di plastica usa e getta, ma l’Italia conferma ancora una volta di avere un approccio miope che favorisce solo una finta transizione ecologica. La direttiva offriva l’opportunità di andare oltre il monouso e la semplice sostituzione di un materiale con un altro, promuovendo soluzioni basate sul riutilizzo. Un obiettivo che è stato volutamente ignorato dal nostro Paese. Ci auguriamo che nelle prossime settimane l’Europa imponga al governo italiano le modifiche necessarie affinché prevalga la tutela dell’ambiente e della collettività anziché i meri interessi industriali. Purtroppo c’è il concreto rischio che venga avviato l’iter per una procedura d’infrazione“.

Per Francesca Santoro, specialista di programma della Commissione Oceanografica Intergovernativa dell’Unesco e promotrice in Italia del Decennio delle Scienze del Mare per lo Sviluppo Sostenibile (istituito dalle Nazioni Unite dal 2021 al 2030) la direttiva va nella giusta direzione, “ma c’è ancora molta strada da fare per ridurre davvero la quantità di rifiuti plastici che ogni anno finiscono in mare, a maggior ragione dopo due anni di pandemia in cui il monouso è stato ampiamente utilizzato per ragioni igieniche sanitarie. […] Senza dimenticare la questione delle microplastiche: secondo i dati raccolti dal Gesamp, l’ingestione di microplastiche è stata registrata nell’80% delle specie marittime campionate“. Noi di Greenplanner.it ci auguriamo che questa legge, invece, sia il primo passo di una consapevelozza più ampia per contrastare fortemente l’inquinamento da plastica nell’ambiente e nei mari“.

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