La gentilezza è un ‘superpotere’ (che ora s’insegna nelle scuole)
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29 Gennaio 2020
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La Gentilezza è entrata nelle scuole. Ufficialmente. In maniera istituzionalizzata, dopo il successo riscosso dalla quarta Giornata nazionale dei giochi della gentilezza, lo scorso settembre. I numeri inequivocabili. Circa 48.300 tra bambini e ragazzi e oltre 550 insegnanti. Con una distribuzione sul territorio nazionale più che soddisfacente.
Nasce così la Rete Nazionale degli Insegnanti per la Gentilezza, una piattaforma nella quale “ritrovarsi” per condividere iniziative e per valorizzare il ruolo di “insegnante per la Gentilezza”. Come Fiorella Santarelli, insegnante della scuola primaria di Guardistallo, nel Pisano. Come Raffaelle De Maio, maestra della scuola elementare di Cimone, in provincia di Trento.
A definirne la figura provvede la spiegazione che si può leggere nel sito: “Può essere un insegnante di classe, un dirigente scolastico, un insegnante di sostegno, un insegnante di religione, un professore, un insegnante di asilo nido, un insegnante universitario che con coerenza opera nel contesto scolastico-educativo (dall’asilo nido sino alla scuola secondaria di secondo grado e Università) prendendosi cura del benessere e della crescita di bambini e ragazzi”.
E’ più che palese che la gentilezza è una delle declinazioni dell’educazione. Ma troppo spesso non viene coltivata quanto dovrebbe. La delicatezza, l’eleganza, la finezza, così come la raffinatezza, le buone maniere e la cortesia, solo raramente trovano spazio a casa, nei rapporti tra genitori e con i figli.
La conseguenza naturale è quella sotto gli occhi di molti. La degenerazione di quelle qualità in scortesia, sgarbo e impudenza. Che non hanno difficoltà a trasformarsi in impertinenza, sfrontatezza e quindi maleducazione.
Più in generale, si è persa la consuetudine di chiedere scusa. Il “grazie” e il “prego” sono rari. Così come il salutare, magari sorridendo. Per non parlare del lasciare il passo a chi ci precede oppure ci segue quando si entra oppure si esce da un luogo. Il garbo, che è poi anche rispetto, è talmente occasionale da meravigliare quando si nota.
L’idea di fondo della Rete è che “il canale principale per diffondere la gentilezza e creare una società collaborativa siano i bambini. I bambini circondati di gentilezza possono contribuire a diffonderla nella Società”. Niente di eclatante, naturalmente. La gentilezza brilla di luce propria. Sono sufficienti “piccole azioni come salutarsi, giocare insieme, guardarsi negli occhi e capirsi, perché il vivere insieme, l’appartenere a un gruppo, come il gruppo classe, è un valore grande che può arginare l’individualismo e aumentare l’altruismo e lo spirito di Comunità”.
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