effetto serra

Quest’anno la pandemia da coronavirus ha distolto un po’ l’attenzione dall’altro grande problema che il mondo sta affrontando: il cambiamento climatico o, come preferiscono chiamarlo alcuni, per sottolinearne la gravità, la crisi o emergenza climatica. Chi si occupa di ambiente, però, non se ne è dimenticato…

Per questo il WWF, la grande organizzazione mondiale dedicata alla conservazione della natura, chiede che il 2021 rappresenti l’anno della svolta, con nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra a livello italiano ed europeo, nuove strategie e nuovi piani, governati da una legge quadro sul clima anche a livello nazionale, oltre che europeo.

Perché dobbiamo fare qualcosa: un breve ripasso

Il cambiamento climatico – come la pandemia provocata dal coronavirus – è una emergenza che riguarda tutti e che richiede sforzi straordinari per essere contrastata, ma che, a differenza dalla pandemia, ha effetti meno visibili nell’immediato. Per questo, nonostante eventi disastrosi come le alluvioni di questi giorni, è percepita come meno urgente.
Alla comunità scientifica è però ormai ben noto: la presenza sempre maggiore di alcuni gas – prima fra tutti l’anidride carbonica (CO2) – nell’atmosfera ne causa il riscaldamento, attraverso l’effetto serra. Nel 2019 la concentrazione di CO2 in atmosfera ha raggiunto le 410 parti per milione: l’ultima volta che la Terra aveva sperimentato una concentrazione paragonabile era stata tra i 3 e i 5 milioni di anni fa, quando la temperatura media globale era maggiore di 2-3 °C e il livello del mare era più alto di 10-20 metri.

Sono state fatte varie stime su quanto i diversi settori delle attività umane contribuiscano, in percentuale, alle emissioni globali di gas serra. Sono valutazioni che possono cambiare a seconda dei parametri considerati, ma ciò su cui la comunità scientifica è concorde è che la produzione di elettricità e calore attraverso la combustione di carbone, petrolio e gas naturale è una delle cause principali. Contribuiscono anche in grossa misura le attività agricole, di allevamento e deforestazione, quelle industriali e i trasporti.

Venendo alle conseguenze del cambiamento climatico, sono ancora più numerose. Riguardano le persone, prima di tutto: perché l’aumento delle temperature renderà alcune zone della Terra inabitabili e spingerà chi ci vive ad abbandonarle per spostarsi altrove, e perché ridurrà i terreni coltivabili. Riguardano però anche molte altre specie animali e tantissime specie vegetali che rischiano l’estinzione perché i loro habitat stanno cambiando. Secondo il Living Planet Report 2020 del WWF, entro la fine del secolo, a causa del solo cambiamento climatico, fino a un quinto di tutte le specie selvatiche nel mondo sarà a rischio di estinzione.

Per evitare che le previsioni peggiori diventino realtà sono necessarie trasformazioni economiche ed energetiche che non è più possibile rinviare. Tali trasformazioni devono essere portate avanti dalle aziende e dai governi, ma anche dalle città e dai singoli cittadini, con i propri comportamenti individuali. «Se con l’innalzamento della temperatura media globale di circa 1 °C vediamo aumentare l’intensità, la ferocia e la frequenza dei fenomeni legati al cambiamento climatico, cosa succederà con 2, 3 o 4 gradi in più?», invita a riflettere Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia: «Purtroppo pochissimi tra i nostri decisori economici e politici sanno interpretare questi segnali. O, peggio ancora, alcuni scelgono di ignorarli e di proseguire imperterriti riproponendo i combustibili fossili. Invece, dobbiamo agire subito concretamente, a cominciare dalla definizione di obiettivi chiari per azzerare l’uso di combustibili fossili».

Il 2021 per il clima

Il prossimo anno potrebbe essere molto importante per il contrasto al cambiamento climatico. Joe Biden, che diventerà presidente degli Stati Uniti a gennaio, ha detto che il cambiamento climatico sarà una delle quattro priorità del suo governo e ha promesso che gli Stati Uniti rientreranno nell’Accordo di Parigi sul clima, da cui erano definitivamente usciti all’inizio di novembre. Inoltre, alla fine dell’anno, nel Regno Unito, si terrà la 26esima Conferenza delle Parti (COP) delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che avrebbe dovuto svolgersi qualche settimana fa ed era stata rinviata per via della pandemia.

L’Italia avrà un ruolo particolarmente importante in questa conferenza, per due ragioni. La prima è che dal 28 settembre al 2 ottobre si svolgeranno a Milano due incontri preparatori per la COP26, tra cui quello che coinvolgerà quasi 400 giovani dai 18 ai 29 anni provenienti da tutto il mondo. La seconda ragione è che dal primo dicembre l’Italia ha la presidenza del G20, il gruppo che riunisce 19 tra i paesi più industrializzati del mondo e l’Unione Europea.

Proprio tra le istituzioni dell’Unione Europea si sta discutendo per l’introduzione del cosiddetto Green Deal europeo, una serie di misure per rendere più sostenibili e meno dannosi per l’ambiente la produzione di energia e lo stile di vita dei cittadini europei. Il 10 dicembre si riunirà il Consiglio Europeo, cioè i capi di stato e di governo dei paesi membri dell’Unione Europea, e tra le altre cose si cercherà di definire l’obiettivo di riduzione delle emissioni di anidride carbonica per il 2030. Tale anno è stato fissato come tappa intermedia, ma molto importante, per raggiungere il più ambizioso obiettivo per il 2050: arrivare a ridurre a zero le emissioni nette (emissioni uguali agli assorbimenti) di anidride carbonica.

E in Italia?

Negli ultimi vent’anni le istituzioni italiane hanno preso alcuni provvedimenti per favorire la riduzione delle emissioni, dagli incentivi per l’uso di fonti rinnovabili di energia, poi ridotti, agli sgravi fiscali. Sono anche state favorite le ristrutturazioni che rendono le case più isolate termicamente, e dunque riducono i consumi di energia per il riscaldamento. Manca però una normativa quadro che faccia “sistema” e che renda il parametro dei gas serra un fattore chiave da considerare. Nel 2021 il WWF proporrà che ne venga fatta una, in modo da adeguare e valutare tutti i provvedimenti in base all’impatto sulla crisi climatica.

Una tale legge avrebbe lo scopo di spingere all’utilizzo di energia prodotta da fonti rinnovabili in tutti i campi possibili e al contempo invitare all’efficienza energetica. «Non sarà sufficiente guardare solo alle soluzioni tecnologiche, occorre un cambiamento dei modelli di consumo a tutti i livelli o, mantenendo l’attuale stato delle cose, non rispetteremo gli obiettivi dell’accordo di Parigi, di cui il prossimo 12 dicembre si celebrano i primi 5 anni dal varo, cioè quello per contenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei +2°C, puntando non superare +1,5°C. L’era dei tentennamenti è finita, ora comincia quella del coraggio e della determinazione per salvare il futuro», dice Midulla.

 

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