Il mondo post pandemico sognato dai giovani? Più umano e più sostenibile

I giovani e la speranza

Sperano che dalla pandemia esca un mondo migliore ma non si aspettano di essere traghettati da altri, perché vogliono essere loro stessi i capitani che guidano il cambiamento verso porti sicuri.

Sono i giovani millennials (dai 24 ai 39 anni) e della Generazione Z (dagli 11 ai 23 anni) che pensano che per avere un pianeta più bello, aziende e governi si debbano impegnare a generare un impatto sociale diverso dal passato: mettendo il capitale umano davanti al profitto e dando priorità alla sostenibilità ambientale.

Ciò non significa che non siano preoccupati per il benessere delle loro famiglie o per le loro carriere ma che hanno una grande resilienza e che vedono la crisi attuale come un’opportunità per ripartire su nuove basi.

Questa è la fotografia scattata ai ragazzi di oltre 40 Paesi da uno studio elaborato da Deloitte che il Corriere della Sera è in grado di anticipare. In particolare il rapporto ha posto le stesse domande ai ragazzi prima e dopo lo scoppio della pandemia ed è emerso che prima del coronavirus oltre il 40 per cento dei millennials e circa la metà degli appartenenti alla Generazione Z si dichiaravano stressati. A livello globale, la situazione è migliorata ad aprile. «Forse alla luce del maggior tempo speso in famiglia e di un generale rallentamento del ritmo di vita», spiegano gli analisti.

L’Italia in leggera controtendenza

Crescono sia i millennials sia i Generazione Z che si dichiarano ansiosi o in preda allo stress: rispettivamente dal 45 al 47% e dal 45 al 48%. Le preoccupazioni dei millennials riguardano le opportunità lavorative (dal 47 al 45%), mentre sale l’ansia legata alle prospettive finanziarie a lungo termine (dal 41% al 47%). Stabile al secondo posto il benessere della famiglia. I millennials italiani, post Covid-19, sono anche più preoccupati per la loro salute mentale e fisica, indicata dal 39 per cento (a gennaio dal 33%). Prima della pandemia, il 30 per cento dei millennials e il 40 per cento della «Gen Z» aveva preso una pausa dal lavoro a causa dello stress. «A riprova di come la salute mentale resti un tema cruciale», chiosano gli autori dello studio. 

Il lockdown ha fatto scoprire lo smart working tanto che, oltre il 60 per cento vorrebbe diventasse la normalità. Altro tema prioritario sono i cambiamenti climatici. L’italia è fuori dal coro e c’è stato un calo di interesse (dal 43% di gennaio al 35% di aprile).
«Però se prima, più della metà dei ragazzi sosteneva che fosse troppo tardi per rimediare ai danni causati dal climate change – spiega Fabio Pompei, ad di Deloitte Italiala percentuale è scesa ad aprile, probabilmente dopo aver appurato l’impatto ambientale positivo derivante dalla riduzione delle attività produttive». In particolare l’80 per cento crede che governi e imprese debbano mettere in campo sforzi maggiori per salvaguardare l’ambiente ma due terzi dei ragazzi temono che la crisi economica porterà al calo di priorità

I giovani non molleranno: l’84 per cento di quelli italiani continuerà ad adottare comportamenti ecologici. Infine i tre quarti degli intervistati, dopo la pandemia, si dice più sensibile ai bisogni degli altri e motivato a esercitare un impatto positivo sulla propria comunità. Solo il tempo dirà se rispetteranno le promesse.

[contributo di Alessio Ribaudo per il Corriere della Sera]

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